
Vi siete mai chiesti il perché oggi i nonni (almeno, vale ancora così per la mia generazione, ndr), preferiscono vederti “robusto” piuttosto che sapere che magari hai interpellato un nutrizionista per rimetterti in forma ? E che rapporto ha questa informazione con la gotta ? Andiamo per gradi…
Sebbene al liceo non fosse la mia materia preferita, mi sono appassionato alla storia, ahimè, solo da qualche anno, probabilmente perché ho finalmente compreso che conoscerla ti permette di capire meglio la quotidianità.
Fino agli anni 70 del ‘900, coloro i quali potevano permettersi di fare la spesa al mercato ogni giorno erano i ricchi proprietari terrieri, i nobili, gli ecclesiastici. Questo loro potere economico però, se da un lato permetteva una vita più agiata, esponeva sicuramente ad un rischio maggiore verso patologie metaboliche quali obesità, diabete, dislipidemie (colesterolo alto), con tutto ciò che poi ne conseguiva.
Il popolo contadino però, vedeva la “corporatura robusta” del ceto benestante come segno di benessere, non solo sociale. Questo spiega in parte il motivo per il quale i nonni preferiscono vederci robusti piuttosto che magri. E la gotta?
In passato veniva definita come la “malattia dei ricchi”. Ne era colpito infatti soprattutto il ceto alto e di questo ne abbiamo numerose testimonianze scritte e parlate.
La malattia che era dei ricchi
Quella che dunque era considerata una volta dei ricchi, oggi è invece la malattia che può colpire tutti, soprattutto chi non si alimenta in maniera corretta, dato che di gotta ne soffre il 7% della popolazione mondiale, con una incidenza maggiore negli uomini. Ma di cosa si tratta ?
La gotta è una patologia infiammatoria caratterizzata da gonfiore alle articolazioni, dolori diffusi, spesso invalidante. Nei casi più gravi infatti il paziente lamenta difficoltà nella deambulazione e nel compiere i gesti elementari come ad esempio muovere correttamente le dita della mano. Si tratta di un accumulo di acido urico, in seguito ad abitudini alimentari scorrette o incapacità da parte del corpo (consiglio screening renale ed epatico), di espellere in maniera adeguata tale prodotto di scarto. Sono colpite soprattutto le estremità del corpo in quanto, a causa della temperatura più bassa rispetto alla parte centrale, l’acido urico tende a precipitare formando dei cristalli, che determinano poi i classici segni e sintomi della malattia (gonfiore, rossore, dolore).
L’acido urico è dunque un prodotto di scarto, che si forma nel nostro corpo in seguito al metabolismo delle “purine”. Si tratta di sostanze organiche azotate, che si trovano in tutti le cellule viventi, sia nel mondo vegetale che animale. Per questo motivo l’uomo, attraverso l’alimentazione le introduce all’interno del proprio organismo. L’acido urico si forma in seguito all’utilizzazione da parte del nostro corpo, delle cellule degli alimenti. E’ credenza comune ritenere che le purine siano solamente composti presenti negli acidi nucleici DNA ed RNA, ma anche la caffeina o la teobromina appartengono alla stessa famiglia e questa informazione diventa fondamentale dal momento che il piano nutrizionale adeguato per contrastare l’accumulo di acido urico, prevede la riduzione dell’introito di caffè ad esempio.
Gli alimenti con un alto contenuto di purine sono:
- alici, sardine, aringa, sgombro, cozze, fegato e frattaglie, cervello, selvaggina;
Gli alimenti con un contenuto medio di purine sono:
- carni, pollame, pesce (tranne quello citato in alto), ostriche, granchi, crostacei, piselli, fagioli, lenticchie, asparagi, spinaci, cavolfiore, funghi, arachidi, prodotti integrali;
Gli alimenti con un contenuto basso di purine sono:
- latte, uova, formaggi, verdure (quelle non citate sopra), frutta (attenzione al fruttosio), pasta e cereali (facendo comunque attenzione a non esagerare con prodotti integrali e con le germe di grano).
Si raccomanda di bere almeno 2 litri di acqua al giorno, per aumentare l’escrezione renale dell’acido urico. Si tratta di una strategia utilizzata addirittura già durante il periodo di supremazia dell’Impero Romano, in cui veniva dato agli uomini colpiti da gotta l’estratto di una pianta, il colchico, dagli effetti lassativi e diuretici. All’epoca, vi era infatti la convinzione che il miglioramento della condizione di salute fosse ascrivibile al diuretico, in realtà oggi si sa che il merito era del principio attivo di quella pianta, la colchicina, utilizzata ancora oggi nel trattamento della gotta.
Una informazione importante da conoscere, riguarda il fruttosio. L’introduzione di questo zucchero presente naturalmente nella frutta, nel miele, in alcuni cereali come il mais, nei dolcificanti, in prodotti elaborati industrialmente come biscotti, merendine, dolciumi, deve necessariamente essere ridotta, in quanto un eccesso rallenta l’escrezione renale dell’acido urico.
Dott. Fabio Buzzanca